Quiet quitting: come cambia il modo di stare in azienda
Nelle ultime settimane è diventata virale, grazie ad un video postato su TikTok, l’espressione quiet quitting. Ma di cosa si tratta in realtà? Di un fenomeno già presente, che ha semplicemente acquisito maggiore forza nel post-pandemia e sta dilagando. Contrariamente ad una traduzione letterale, con questi due termini non si vuole indicare un licenziamento calmo o silenzioso ma un nuovo modo di intendere il lavoro.
Cos’è il quiet quitting e da dove arriva
Il nuovo nome, per una sintomatologia da tempo radicata nel tessuto economico mondiale, indica un diverso approccio al mondo lavorativo. Un atteggiamento verso il lavoro che dai più ottusi viene considerato come giustificazione a non fare nulla. Bollare i quiet quittier come scansafatiche, è però un errore molto grossolano. Queste persone, hanno semplicemente deciso che il valore della loro esistenza, non è nel lavoro, ma nel come si conduce la propria vita. L’impiego, allora, non è più la cosa centrale attorno cui ruota tutto, ma il mezzo che ci permette di vivere come vogliamo.
Quiet quitting sta per un ridimensionamento della sfera lavorativa a quello che effettivamente questa è. Gli individui che lo praticano, ponendo chiari limiti, non sono disposti a confondere e far sovrapporre vita privata e vita lavorativa. Di qui, il rifiuto ad essere disponibili e raggiungibili oltre l’orario d’ufficio e di fare straordinari non retribuiti solo per farsi eventualmente notare. Prole dell’arroganza con cui talvolta i dirigenti si sono approfittati dei loro dipendenti, è che questi abbiano deciso, ad un certo punto, di non assumersi più incarichi che esulino dal ruolo scritto nel loro contratto. Questo, ovviamente, anche a loro discapito. Invece che su una promozione e un conseguente maggiore benessere economico, gli impiegati stanno iniziando a puntare sul loro benessere fisico e mentale, nel presente.
Vita lavorativa e quiet quitting
In tal modo, è venuto a mancare un punto cardine su cui si poggiavano molte compagnie, specie americane. È proprio da qui, infatti, che il fenomeno è tornato alla ribalta con prorompente violenza. Contro l’hustle culture, tratto distintivo della cultura del lavoro americana, in particolare a seguito della crisi del 2008, è il sacrificio di ogni aspetto della propria vita in favore del successo professionale. Conosciuta come hustle culture o spesso anche come grind o burnout culture, è quella mentalità per cui il lavoro viene prima di tutto. Lavorare di più, più velocemente e oltre l’orario di occupazione sono le sue pietre miliari.
Fare tutto questo e a qualsiasi costo, secondo le linee guide di tale prospettiva, è necessario e doveroso per raggiungere il successo. Nel periodo di profonda crisi di 15 anni fa, è facile capire come questa accezione del lavoro sia stata presto idolatrata e normalizzata. Specie dalle generazioni che si affacciavano in quel momento al mondo professionale, è stato percepito come l’asset essenziale per superare bene quella fase buia. La pandemia ha però cambiato completamente le carte in tavola. Ha dato nuovo adito ad un malessere serpeggiante, che nell’ultimo decennio non aveva fatto altro che crescere. Il quiet quitting è la manifestazione di questo doloroso fermento e ha numerosi risvolti negativi per le aziende.
Il rischio per le imprese
Le persone che praticano quiet quitting, stanno priorizzando sé stesse e il loro benessere. Questo però potrebbe tradursi, in ottica imprenditoriale, in un minore attaccamento al loro lavoro. Peggio ancora, l’impiegato potrebbe limitarsi a fare il minimo indispensabile per non perdere il lavoro e ricevere lo stipendio. Di qui, deriva anche il sentimento ambiguo per questo crescente movimento sociale. Meno coinvolgimento, meno voglia di fare, crescere e scalare l’azienda se questa non vede, non riconosce e non apprezza il lavoro del suo dipendente: questo il trade su cui si basa il quiet quitting.
Il rimedio a questa fagocitante difficoltà è semplice. Per mantenere alta la produttività dei lavoratori e la loro complicità con l’impresa, l’unica via è un dialogo aperto e sincero tra le due parti. Un confronto onesto è il solo modo di costruire un rapporto solido e duraturo. Porre alla base un concreto rispetto della persona e della sua dignità nell’ambiente lavorativo, fa vincere la partita a tutti.
Dimissioni silenziose e Yolo Economy: due facce della stessa medaglia
Le dimissioni silenziose, per tradurre l’espressione in italiano, sono dunque il manifesto programmatico del rispetto di sé sul lavoro. Spesso questo atteggiamento è alla base di un cambiamento rivoluzionario nella vita del singolo. Prendersi maggiore cura di sé, avere spazi e tempi da dedicare alle proprie necessità e passioni, sono aspetti sempre più sentiti e fondamentali oggi. La generazione Z e i Millennials sono promotrici di questa svolta, in cui l’individuo è posto al centro.
Conosciuta con la pandemia una maggiore flessibilità oraria ma anche un’esacerbante invadenza degli spazi personali, al ritorno in ufficio molti si sono posti delle domande. Chi ha constatato che l’azienda per cui lavora non è realmente interessata alla persona, ma esclusivamente al risultato, in mancanza della possibilità di lasciare il suo posto di lavoro, ha optato per il quiet quitting. Vari sono i report che riferiscono e dimostrano lo scollamento che si sta verificando tra i dipendenti e il loro impiego. Il più famoso, e anche controverso, è quello di Gallup che mostra delle cifre realmente sconvolgenti: emerge qui che il 68% della forza lavoro americana non è coinvolta né soddisfatta del proprio lavoro. Gli impiegati con una maggiore stabilità o una maggiore predisposizione al rischio, alle medesime evidenze, hanno risposto invece abbracciando la filosofia della Yolo Economy.
Segnali di un ecosistema sofferente
Un’economia che si fonda sul motto “si vive una volta sola” (You Only Live Once) e che ha molta presa sulle nuove generazioni. Un invito ad assumersi dei rischi, ben consci che alcune opportunità possono essere colte in una sola e unica occasione. Questa è la Yolo Economy, spogliatasi dell’orpello di superficialità con cui era nata. Così, si possono spiegare i tanti licenziamenti spontanei e i molti abbandoni improvvisi di carriere promettenti. Puntare a realizzare progetti forse rischiosi ma colmi dell’interesse e del senso di appagamento che era venuto meno nel lavoro aziendale, è la tendenza emergente.
Si inizia a preferire qualcosa in cui si crede, di cui si è totalmente partecipi, che venga sentita propria, che dia entusiasmo e spinta a nuove aspirazioni. Questo approccio, inedito su così larga scala, e il fenomeno del quiet quitting sono segnali chiari e forti di un ecosistema al collasso. Spremersi fino all’ultimo per un qualcosa in cui non ci si identifica e che non equivale a chi siamo ha perso di significato. Il mito di una vita patinata di successo, raggiunta con un sacrificio estremo e disumano, sta mostrando tutti i segni di un cedimento inevitabile.
Un fenomeno globale: il Tang ping cinese
Nel 2021, movimento analogo a quello che ha preso piede in America e di cui risentiamo forte l’influenza anche in Europa, è stato il 躺平. Questi caratteri, che si leggono “tang ping“, sono tradotti, abbastanza fedelmente, dall’espressione inglese lying flat, in italiano “sdraiarsi a terra“. Il nome del movimento a cui hanno dato vita i giovani della Repubblica popolare si contrappone
volutamente alla cultura del superlavoro.
Lavorare meno per avere più tempo per sdraiarsi, ovvero leggere un libro, guardare un drama, godersi consapevolmente l’essere in vita. La pressione della società sulle nuove generazioni per una corsa, spesso smodata, al successo è molto forte in Cina. Al culmine dell’esasperazione per una richiesta sempre più alta e ardua da soddisfare di maggiore
impegno e ore spese per e sul lavoro, nasce questa filosofia. Alla schiacciante e insistente pretesa di lavorare di più e più duramente per superare coetanei e senior, i giovani cinesi hanno risposto con tang ping. Consiste nell’essere apatici e passivi e nell’evitare di fare qualcosa in più al di fuori delle proprie mansioni o dell’orario di ufficio. Molto quiet quitting, vero?
La presa di posizione delle ultime generazioni e il quiet quitting
Le nuove generazioni si sono smarcate dall’incantesimo del successo a tutti i costi. La lotta frenetica per arrivare in cima prima degli altri non è più così affascinante. La cima, tra l’altro, non è più una posizione cosìappagante. Alla società che incita quasi ad un cannibalismo feroce, buona parte della forza lavoro sta iniziando a manifestare il suo dissenso. Quello che dai media cinesi è definita un’involuzione e che alcuni media americani definiscono un’esaltazione della pigrizia che porterà al disastro, non è altro che la presa di coscienza di una grande fetta della popolazione che è la vita al primo posto, non il lavoro.
8 Novembre 2022